Dal sito ZANICHELLI AULA DI SCIENZE

La natura delle cose: 1. Quantizzazione

di Paolo Cavallo

 

Il titolo di questo post è una citazione diretta del grande poema latino De rerum natura scritto dal poeta Lucrezio nel primo secolo avanti Cristo. Ci sono parecchie ragioni per le quali amo questo libro fin dai tempi del liceo. La prima, naturalmente, è che Lucrezio è molto bravo: i suoi versi sono allo stesso tempo di grande bellezza e di estrema precisione, e le immagini a cui egli dà vita sono originali e potenti. Un’altra ovvia ragione per il mio interesse è che il De rerum natura è l’unico grande poema che io conosca che parla di fisica, in particolare degli atomi e del loro movimento. Non parla soltanto di fisica, certo. Sa descrivere gli sconvolgimenti interiori provocati dalle passioni amorose e le sofferenze di una città colpita da una pestilenza. Il punto di vista adottato è però quello di chi vuole comprendere questi ed altri fenomeni, a partire dall’ipotesi che essi possano essere spiegati in base alle leggi della natura.

Ma l’idea che apprezzo di più nel libro di Lucrezio è questa: La scienza può rendere gli uomini più liberi e più felici. Immersi nell’ignoranza, gli uomini sono come rinchiusi in una prigione, smarriti di fronte a processi che non comprendono e che sembrano i capricci di divinità irragionevoli. La scienza li libera dalla paura e dalla superstizione e li aiuta a raggiungere il massimo grado di autonomia di cui sono capaci, senza mai illuderli di potersi separare dalla natura o rendersi superiori ad essa.
Lo studio della natura come strumento di liberazione: ci può essere un’idea più affascinante per un insegnante di fisica?

Purtroppo, le leggi della natura non sono facili da scoprire e neppure da raccontare. Spesso sono molto lontane dalle convinzioni o dalle credenze alle quali siamo condotti dall’esperienza quotidiana e magari da una fervida fantasia. Gli esseri umani hanno imparato a fatica alcune tecniche utili a cercare quelle leggi. Ma capita che il frutto dei loro sforzi resti ignoto alla maggior parte dei loro simili, anche di coloro che si ritengono persone colte. Le conoscenze ottenute grazie alla pazienza e all’immaginazione di tanti ricercatori dovrebbero diventare un patrimonio di tutti. Invece, alcune delle cose più importanti, o forse le più importanti, che sappiamo sulla natura delle cose siano ancora praticamente sconosciute, a più di ottant’anni dal completamento di quella grande avventura intellettuale che oggi è nota come meccanica quantistica.

I processi fondamentali
Lucrezio sapeva che non è possibile formarsi una corretta visione del mondo ignorando i processi elementari che sono alla base di tutti gli altri. Noi, oggi, proprio come Lucrezio 21 secoli fa, pensiamo che quei processi siano quelli che coinvolgono gli atomi e le particelle che li costituiscono. Lucrezio si basava sulle intuizioni di alcuni filosofi greci. Noi abbiamo a disposizione un’enorme quantità di dati e di informazioni: non ci deve stupire che la nostra concezione dei processi fondamentali sia più complessa di quella esposta nel De rerum natura. Ma non così complessa che degli esseri umani come voi e me non possano capirla.

La prima delle idee che voglio provare ad esporvi è l’idea di quantizzazione. Questa fu anche la prima scoperta sorprendente sul cammino che avrebbe portato alla meccanica quantistica. L’idea fu proposta per la prima volta da Max Planck nel 1900, ma fu Albert Einstein nel 1905 a mostrare tutta la sua importanza applicandola alla spiegazione dell’effetto fotoelettrico. Perciò mi sembra assai appropriato illustrarla con questa immagine del 1929, in cui un Planck ormai anziano condivide con un ancora giovane Einstein la prima delle medaglie Max Planck, destinate a "risultati straordinari nel campo della fisica teorica". E straordinari i risultati dei due erano davvero.

Non cercherò di descrivere il processo storico estremamente complesso che condusse all’idea di quantizzazione. Voglio invece dare un’idea del significato di questo concetto e fornire degli esempi concreti delle sue applicazioni

Grandezze quantizzate
I fisici chiamano quantizzata una particolare grandezza quando può assumere soltanto dei valori che sono multipli interi di un valore minimo. Nel gergo degli adepti, si dice che una grandezza quantizzata ha uno spettro discreto, o che può assumere un insieme discreto di valori. La maggior parte delle merci ha questa proprietà, come pure lo stesso denaro che usiamo per acquistarla. Un fisico direbbe che, nelle transazioni in contanti, gli euro hanno uno spettro discreto. E che il quanto di euro è 0,01 euro, o 1 centesimo.
Finché parliamo di soldi, o di maccheroni, o di calzini, tutto fila liscio. Anche se nessuno direbbe che il numero di calzini è una grandezza quantizzata, troveremmo strano se dicesse che il suo cassetto contiene un numero decimale di calzini. Forse penseremmo che gli piacciono le risse con i cani randagi…
Ma quando parliamo di grandezze fisiche come la massa o la lunghezza, cosa si vuol dire quando si dice che essa è quantizzata?

Se la mia massa fosse quantizzata, io potrei aumentare di peso soltanto per multipli interi di un certo quanto di massa. Se il quanto avesse il valore di 1 kg, io potrei prendere peso soltanto 1 kg alla volta. Dopo un pasto in cui avessi assunto cibo per meno di 1 kg, il peso non potrebbe variare affatto. Niente male, no?
La carica elettrica è quantizzata proprio in questo senso. Ogni oggetto può avere soltanto valori della carica elettrica che siano multipli interi della carica elettrica elementare, e. Un protone ha carica 1e. Un elettrone ha carica -1e. La carica del nucleo di uranio vale +92e: non 91,5 e non 92,1. Quando si ionizza un atomo, facendogli acquistare della carica elettrica, in unità pari a e la carica acquistata può essere soltanto pari a 1, 2, 3, … o -1, -2, -3, … Mai, poniamo, 3,14.
Ma in fisica si possono incontrare grandezze quantizzate più difficili da visualizzare.La direzione di un vettore, ad esempio. Se la direzione nella quale posso rivolgere lo sguardo fosse quantizzata, allora potrei voltare la testa soltanto a scatti; anzi, le direzioni intermedie, o proibite, non potrebbero essere toccate neppure per un istante. La mia testa passerebbe in un attimo da una direzione consentita ad un altra. Questo sembra bizzarro. Ma alcune delle grandezze quantizzate più importanti sono proprio di questo tipo.

Mondo classico e mondo quantistico
La meccanica quantistica prevede, correttamente, che molte grandezze fisiche siano quantizzate. Eppure la nostra esperienza quotidiana non ci dice nulla di simile. Che si tratti prendere peso, di voltare la testa, di aumentare o diminuire l’intensità della nostra voce o la forza applicata per sollevare un oggetto, noi non sperimentiamo mai una sorta di granularità dei fenomeni, non li vediamo variare a scatti. Come si conciliano le due cose?

Supponiamo che l’altezza di un bambino sia quantizzata: il bambino può crescere soltanto "a salti" e non, come si dice in termini tecnici, in modo continuo. Ma supponiamo che il quanto di altezza sia pari a un decimo di millimetro. Come potremmo accorgercene?
Ci sono molti fenomeni che hanno certamente una natura granulare. La materia stessa è granulare, perché è costituita da atomi. Un bicchiere d’acqua contiene un numero intero di molecole d’acqua: ma, mentre ci dissetiamo, abbiamo la sensazione di inghiottire l’acqua con continuità, e non molecole per molecola.
Il trucco, insomma, è che il quanto è piccolo, anzi molto piccolo. La natura è quantizzata. Ma i nostri sensi sono troppo grossolani per accorgersene. Per questo il mondo in cui ci sembra di vivere è, come si dice nel gergo della fisica, un mondo classico, descritto molto bene dalla fisica classica. Dove qui, per "classico", intendiamo: tutto ciò che viene prima della meccanica quantistica. Ante M.Q, per così dire.